La recente lettura dell’autobiografia di Marco Van Basten ha aperto alcune veloci riflessioni in ambito sportivo che mi garba fissare sul mio blog a memoria futura e per condivisone dei pochi che come me assaporano il particolare sapore della vicenda umana quotidiana intrecciata alle imprese agonistiche.
Non ero milanista, ma ero e sono amante del football. Marco Van Basten non si discute, si ama, si gode. Gli anni, pochi, della sbornia milanese sono passati in un lampo, a cavallo tra il mio passaggio alle scuole medie ed all’inizio del liceo, quando con Duke, Pes, Garrinch, Desmon, Burru, Pulce e tutti gli altri calcavamo il terreno del comunale agli ordini di Lucy Falet.
Gnari, Allenamento alle 18, ci troviamo alle 16.30, prima partita pronostico però… dopo falet ci fa fare le ripetute ma fa niente. vai vai
cit. Duke Mora Volpera
partita pronostico, per i profani: riproduciamo gli highlights dell’ultima di campionato, ogni gol va riprodotto nel reale (inclusa esultanza, madness), fino a che non esce alla perfezione, dal tap-in da due metri di Vialli a Marassi contro l’Ancona fino al colpo di testa in tuffo a un metro da terra del Cigno contro il Pescara a San Siro… follia pura.
In serie A c’erano lui, Gullit, Diego, Matthaus, Voeller ….. Ma Diego a parte, Il Cigno nel suo ruolo era il più forte, il più elegante, il più spietato. Una normalità quasi piatta, che traspare anche dalle pagine di FRAGILE.
Raccontare Van Basten è semplice: nasce e cresce in Olanda, sogna Crujiff, lo incontra, ne diviene il pupillo, entra nell’Ajax e raccoglie lo scettro del proprio idolo. Vince tutto in 5 anni, tutto, in maniera enorme, segnando in ogni maniera, ridefinendo la bellezza del football e del ruolo di numero 9, essendo semplicemente Un Numero NOVE come si pensa debba stare nella enciclopedia tecnica di questo giuoco.
Manda a fare in culo Sacchi ed il tatticismo (punto veloce ma cruciale del libro, il dialogo famoso che segnò la rottura con il Vate di Fusignano), accoglie Capello e segna ancora, a valanghe, GLI INVINCIBILI . . .
Smette a 28 anni per una caviglia che lo ha reso di fatto quasi storpio (il capitolo sull’apparato russo contro il nanismo che quasi lo manda al creatore e il momento gotico del libro, robe de macc.
Da li una via crucis, perché il ragazzo normale di Wagenaarkade ad Utrecht è un essere umano e come tutti gli esseri umani è imperfetto, impreciso, a volte sfigato, a volte disattento. Non è un grande allenatore, non è un buon amministratore del proprio patrimonio (brucia più di meta dei propri soldi per colossali sviste fiscali nei contratti sottoscritti da calciatore), ed anche da dirigente o impiegato tecnico della FIFA combina quasi solo casini.
Il cigno è un uomo semplice, sincero, è un padre umile e di cuore, è uno sportivo vero, un calciatore, è il più grande numero NOVE della storia . . . è la musica e l’eleganza dei miei 16 anni . . .
Leggetelo se vi piace il fòbal vero, nella sua scontata semplicità ,. , merita
ed ora , sborrate: