I New York Knicks degli anni 90, Cindarella does Gotham

wHAt#iF – – Quello che lo sport non ci ha raccontato per colpa del destino

NON SEMPRE VINCE IL MIGLIORE, NON SEMPRE VINCE IL PIU’ FORTE. Quando a fare la differenza sono i centimetri, i secondi, talvolta il semplice caso fortuito, peggio ancora un fischio arbitrale o più spesso il semplice carico di tensione che deraglia le speranze di chi nella sfida soffre di più il fattore emotivo, allora il risultato ci racconta qualcosa che va al di la dei puri valori tecnici ed atletici.

Quando lo sport deve scrivere la propria storia purtroppo non tiene conto di questi elementi, e l’albo d’oro rimane l’unica verità.

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Voglio raccontare per sommi capi la storia di una dinastia mancata, di un’organizzazione che per 10 anni è stata al vertice del Basket Professionistico Mondiale, l’eldorado della NBA, gli anni 90 caratterizzati dalla dinastia dei Chicago Bulls, dalla fine del party glamour tra Celtics e Lakers che avevano riaperto i botteghini e reso David Stern un uomo potente.

A quella festa c’erano degli invitati indesiderati: qualcuno è riuscito ad entrare dal retro per un brindisi, gli Houston Rockets dell’inopinato backTOback 94/95, altri si sono visti respingere proprio sulla porta d’entrata, ma per 10 anni e due cicli completi dal punto di vista tecnico, sono rimasti ai vertici della lega, creando uno stile, cementando un gruppo, gestendo una transizione generazionale, ri – cementandone un altro : I NEW YORK KNICKERBOCKERS.

Why now ? Perchè The Last Dance dice tanto, ma non tutto.

L’ho dovuto proprio scrivere questo blog perchè in questi giorni è on-line l’attesissimo “THE LAST DANCE” dedicato alla dinastia dei Bulls di MJ. Un lavoro epocale, fatto bene, che finalmente rende umana e comprensibile a tutti la storia e la grandezza del più forte giocatore di sempre. Nelle pieghe di questo lavoro cosi ben realizzato emerge anche la loro storia, quella della squadra di New York che per quasi 8 anni ha rappresentato la vera rivalità.

Ma non voglio parlare di sindrome da Eddie Mercx per Felice Gimondi, in un gioco di squadra come il Basket NBA alcune dinamiche valide per gli sport individuali sfuggono e la complessità di 11 stagioni NBA meritano altra considerazione. 

I Knicks sono stati grandi, grandissimi, perchè hanno saputo essere l’alternativa reale alla perfezione jordanesca con una squadra costruita su principi di sacrificio e di poco o scarso talento. macinati da una critica feroce come quella della stampa di Gotham City.

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Quando Pat Riley, architetto dello showtime di Hollywood, accettò di allenarli trovò un ambiente in depressione e Ewing sull’orlo di una crisi di nervi, pieno di paturnie e di manie di persecuzione. Il coach con la brillantina e la pettinatura alla Gordon Gekko costruì con scelte oculate un gruppo di uomini, poi ci mise genio, classe e motivazione, elementi che portarono i Bulls oggi immacolati dalla storia sulla soglia della capitolazione più e più volte contro i suoi guerrieri.

Lì entrano in gioco gli Dei Del Basket, le cui scelte sono state legittimate nella maggior parte dei casi dalla classe e dalle capacità uniche di Jordan e Pippen, ma in alcuni casi si sono beffardamente materializzate sotto vesti più subdole.

Pippen Saved the Dynasty

La Grandezza di Riley non fu Los Angeles. Ai Lakers aveva una squadra piena di talento, aveva Magic e Kareem, aveva un organizzazione oliata ed ed una città alle spalle abituata e paziente. Se nel calcio italiano Milano ti esalta e Roma ti trita, cosi nel basket NBA un titolo vinto nella grande mela vale 4 titoli vinti a LA e 8 vinti a Boston dove anche i sassi tifano per te, puoi pisciare nell’atrio del municipio se ti chiami Bird e la stampa ti lascia vivere anzi ti esalta.

La squadra del 1992 dei Bulls è a mio modo di vedere la più forte di tutti i tempi (si anche più di quella del record di vittorie), con il Jordan più forte per bilanciatira tecnica/atletica/maturità, il Pippen più preparato, Paxon e BJ Armstrong al loro meglio, Scott Williams, Stacey King, Cartwright e Grant del tutto integri.

Ma di la, per un palato non fine ma che ama assaporare l’essenza dell’agonismo, è addirittura esaltante: Mark Jackson, John Starks e Gerald Wilkins, Xavi McDaniels e Anthony Mason, Patrick Ewing, Charles Oakley e l’ex running rebel di UNLV Greg Anthony. Una squadra culto, piena di duttilità, fisico e soprattutto senza super star, ancora acerba per esperienza ad alto livello e per questo commovente nella coesione e nell’umiltà.

Facendo leva su organizzazione difensiva ed aggressività i Knicks vinsero gara 1 allo stadium, vennero battuti in gara 2 ma puntualmente andavano a riprendersi il controllo della serie. Pippen non l’ha mai annullato nessuno dal campo da quando i Bulls venivano “pestati” dai Pistons, ma in quel 1992 Xavier McDaniel ne cancellò ogni traccia con una serie che rimane nella storia. I Knicks implosero su se stessi in gara 7, quando erano ad un passo dall’impresa, presero 30 punti e tutt’oggi io quella partita non l’ho ancora capita.

<<Hey, this is the game, this is a Men Game>> Xavier McDaniel, 1992

L’anno dopo Riley sacrificò gente come McDaniel , Wilkins e Jackson, gli diedero del pazzo (io ero tra questi), portò a casa Charles Smith, Doc Rivers e Rolly Blackman. La squadra dovette riscoprire equilibri e ritmi ma a Gennaio girava di nuovo come un orologio, Starks esplose definitivamente, bastonarono i Bulls in regular season e quando fu maggio si ripresentarono in semifinale dei play off. Pronti via 2 a 0 knicks con un clinic difensivo ed un gioco corale clamoroso. Jordan ridotto ai minimi termini che tirò malissimo anche in gara 3 e venne salvato solo da una prova corale sopra le righe, con i Knicks che commisero il puerile errore di lasciar tornare in vita un nemico ormai decapitato.

La nemesi in gara 5, quella pivotal per le sorti della serie. Sotto di uno a 15 secondi dalla sirena New York aveva la palla in mano, azione in zingarata di Ewing, palla sotto a Charles Smith che viene stoppato 4 volte di fila mentre tenta di mettere il lay-up che avrebbe mandato i titoli di coda anche sulla dinastia (non ci sarebbe stata nesuna “Last Dance” credetemi).

Due volte Jordan e due volte Pipen a ricacciare indietro la palla. In almeno 2 di queste stoppate ci sono chiari “non fischi” della terna arbitrale con Horace Grant che ad un certo punto fa il laccio messicano ed incravatta il povero Smith .. un sibilo di aria che non entra nel fischietto e la storia prende un’altra piega, con la carriera del 54 di New York che finì quel giorno, rimase traumatizzato e non fu più se stesso finendo ingloriosamente.

Nel 1994 Jordan va a giocare a Baseball, i Knicks di Riley danzano sui cadaveri dei tori di Chicago ma gli serve gara 7 per mandarli a casa, dopo che sul 3 a 2 Kukoc ha impattato la serie con il tiro incredibile sulla sirena nella famosa partita del rifiuto di Pippen a giocare gli ultimi secondi perché Phil Jackson disegnò lo schema per il croato e non per lui. New York vola in finale, domina per lunghi tratti, è la squadra migliore e la più bilanciata mentre Houston va avanti grazie ai miracoli di Olajwon.

In vantaggio 3 a 2 vanno a Houston per gara 6, sono sotto poi Starks segna 16 punti nel 4° quarto e li porta di peso a meno due palla in mano con 10 secondi da giocare. Hanno la palla per vincere il titolo, Starks fa pick and roll con Ewing e va a sinistra da dove le ha messe tutte quella sera, si alza leggero e spara, un dito (un dito) di Olajwon riesce a sfiorare la palla e questa non entra per puro miracolo.

Si va a gara 7 e Starks piomba in un incubo, tira 0-11 da tre e il titolo lo vincono i Rockets.

Rifondazione, la cavalcata del 99

Riley si dimette via fax, ma la sua eredità è solida, la mentalità c’è ed è vincente. Il front office non sbaglia una mossa, promuovono Van Gundy allenatore capo, prendono Larry Johnson ed Allan Houston, Chris Childs e Kurt Thomas, Marcus Camby e Latrell Sprewell. Mentre i Bulls del secondo threepeat spariscono, i Rockets vanno nel dimenticatoio e Shaq abbandona Orlando per Los Angeles, i Knicks rifondano e sono ancora lì, ancora al top ed ai vertici della Eastern Conference.

1999 . . . cindarella legend

Danno vita a capitoli leggendari contro gli Heat fino al capolavoro del 1999 quando in piena rifondazione e col seed numero 8 cavalcano incredibilmente fino alla finale, impresa mai compiuta da nessuna squadra. Perdono 4-2 contro Gli Spurs di Robinson, Duncan ed Elie. Devono giocare tutta la serie con Ewing infortunato e Larry Johnson infiltrato pesantemente e per arrivare fino li hanno dovuto fare a botte con la Eastern dell’epoca mentre ad Ovest si gioca in punta di fioretto.

LJ . . . che giocatore fantastico

La loro grandezza la misuro anche nel 2000, perchè un’altra volta tutte le altre svaniscono e si ricambiano, loro sono ancora li, in finale di conference, dove perdono 4.2 contro gli Indiana Pacers, dando il loro ultimo sussulto.

Una squadra vera, senza fighette, senza prime donne, senza il go to guy che lo star system NBA ti impone. Nella citta più difficile e passando attaverso l’era dei BULLS che “convenivano” a Stern.

La storia può anche dire il contrario, ma chi ama questo gioco, lo vive con intensità ed oltre le statistiche, non dimenticherà MAI i Knicks degli anni 90 . . . grazie ragazzi, thanks for the memories!

Skola
the 4 pointers